Ramadan: il ritorno delle serie tv “made in Siria”

Di Naman Tarcha

Arriva il mese sacro di Ramadan, il mese del digiuno ma allo stesso tempo, da tanti anni, ricco di programmi di intrattenimento, serie televisive, palinsesti specifici. Il Ramadan si è trasformato – di fatto – nell’alta stagione per il mercato televisivo arabo. “Mussalsalat”, le famose serie tv, vengono trasmesse a rotazione e replicate in tutte le ore. Il tutto viene prodotto appositamente per questo mese, per far passare il tempo ed alleggerire il peso del digiuno, e mantenere incollati i telespettatori agli schermi quotidianamente per almeno trenta puntate, l’intera durata di Ramadan. 

Il genere televisivo raggiunge il picco di ascolti, durante il mese del digiuno, dove generalmente si lavora meno e si esce poco durante il giorno. Sono tanti, tantissimi i “Mussalsalat” di ogni genere, dalla commedia al tema sociale passando per lo storico, il poliziesco e il drammatico, che ogni anno, rincorrono gli ascolti e tentano di trovare visibilità e spazi televisivi, con l’obiettivo di appassionare – con le loro storie avvincenti – milioni di telespettatori. 

Tra i diversi canali televisivi (ma non solo) si scatena una “guerra pacifica” a caccia di ascolti. I telespettatori, invece, si dotano di agende per segnarsi gli appuntamenti più importanti ed interessanti. Per le case di produzione sono tante le messe in onda e le repliche: si tratta di serie provenienti da diversi paese che trattano diversi temi per uno dei mercati televisivi più vasti, reso anche più allargato, dalle piattaforme digitali disponibili, dall’espansione del pubblico arabo in tutto il mondo.

Mentre l’Egitto è consacrato il regno dell’industria cinematografica araba, la Siria, é tuttora uno dei paesi, che domina il mercato dei “Mussalsalat”: la Hollywood della tv araba, produce serie tv di qualità, con grandi registi, e ottimi attori e attrici. I temi, a volte, sono coraggiosi e all’avanguardia. Le serie tv hanno la stessa funzione dei talk show occidentali, superando censura e tabù.

In Italia le serie arabe, andate in onda sono rare. La più famosa è siriana “Malakat Aimanukom” (“Ciò che la tua mano destra possiede”) è firmata dal celebre regista Najdat Anzour, considerato uno dei registi siriani più influenti nello scenario televisivo arabo, definito il padre dei “Mussalsalat”. Anzour è un visionario, controverso, minacciato più volte di morte dai gruppi terroristici.

La serie del 2011 è stata presentata con la partecipazione di Carlo Freccero nel 2013 da Babel tv, il canale di Sky, oggi chiuso, nella sua programmazione speciale dedicata al Ramadan. Una serie che aveva riscosso grande successo e tanto interesse, soprattutto perché affrontava – attraverso le storie di donne siriane – argomenti tabù e descrive il conflitto vissuto dai personaggi tra religione e valori sociali. La serie racconta come la violenza individuale si trasforma in violenza sociale: una premonizione di quello che è accaduto dopo soli due anni in Siria. 

La produzione siriana, che si era imposta negli anni, monopolizzando il mercato televisivo, ha subito una violenta battuta d’arresto, con i venti di morte, della cosiddetta Primavera araba, che ha spinto il Paese in un vortice di terrorismo e sangue. Alla guerra mediatica si affianca agli attacchi terroristici, e alcuni network televisivi, la maggior parte di proprietà dei paesi del Golfo, allora ostili a Damasco, che hanno deciso di boicottare i “Musalsalat” siriani. 

Il terrorismo, la crisi economica, l’embargo e il boicottaggio hanno causato un duro colpo alla produzione dei serie tv, soprattutto alla distribuzione, e hanno provocato una forte disoccupazione tra gli operatori del settore. Tecnici, attori e registi sono stati costretti ad abbandonare il paese e a rifugiarsi nei paesi limitrofi per trovare lavoro, inserendosi nelle produzioni televisive in Egitto, Libano ed Emirati Arabi.

Sono nate così le coproduzioni, genere di prodotto televisivo pan-arabo ribattezzato “Musalsalat Mushtaraka” (“Serie tv congiunte”), dove i protagonisti sono attori, attrici, sceneggiatori e registi siriani, mentre la produzione non è siriana ma nei paesi dove i professionisti hanno trovato lavoro. Un esperimento controverso e molto discusso, con diversi casi di relativi successi, ma poco convincente al pubblico esigente. In molti hanno storto il naso sia per i contenuto, che per credibilità, nonostante gli altissimi budget (quattro volte il costo di produzione siriano) e lo stile troppo moderno: lussuose location, affascinanti abiti e belle macchine all’americana. Il pubblico è rimasto spesso stordito dalla mancanza di identità, dalle differenti cadenze linguistiche.  

La produzione siriana in tutti questi anni non si era mai fermata. I siriani hanno, comunque, deciso di non arrendersi e di continuare a girare e produrre serie tv, convinti che non si tratti solo di intrattenimento e puro passatempo, ma di una vera e propria industria e atto di resistenza, con il quale vorrebbero far arrivare al mondo la propria voce.

Le serie tv “made in Siria”, oggi con l’allontanarsi dello spettro della guerra e la riconciliazione con i fratelli arabi, tornano a spopolare sugli schermi, rafforzati dalla distribuzione alternativa e dalle piattaforme online e i siti web privati, per la gioia del pubblico arabo fedele. Serie tv di tutti i generi e per tutti i gusti, dal drammatico alla commedia, dallo storico in costume al super moderno, occupano lo scenario televisivo arabo.

Oggi, per esempio, Netflix ha deciso di introdurre nella sua offerta, finora molto poche, alcune delle serie tv arabe e ha già prodotto alcune serie direttamente in alcuni paesi arabi. Timidi tentativi della piattaforma internazionale, di allargare gli orizzonti, oltre alla produzione americana dominante, ad un mercato molto promettente, offrendo la possibilità al pubblico italiano, di affacciarsi al di là del Mediterraneo. 

Nel frattempo, anche la produzione televisiva egiziana ha compiuto un salto di qualità, sia per le tematiche trattate che per la professionalità produttiva, oltre che per la recitazione. Dopo anni di chiusura, ci sono tra i protagonisti attori non egiziani, tunisini, marocchini, libanesi e siriani. Così i “Mussalsalat” sono tornati ad essere uno spazio di riflessione, discussione e dialogo sociopolitico che cattura, non solo i social network ma l’attenzione di altre parti del mondo. 

Intrattenimento e divertimento, spunti di riflessione e tanta fantasia. La stagione di Ramadan 2023 si preannuncia molto ricca. L’offerta è varia e la qualità è, secondo i critici del settore, molto alta. La concorrenza è avvisata, i siriani, con talenti e professionisti davanti e dietro la telecamera, sono tornati.

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