Niente Pride nel Mondo Arabo: Discriminazione e diritti negati

Omofobia, discriminazione, persecuzione e pena di morte sono alcuni lati oscuri di un mondo grigio e monocolore, contro il quale la comunità LGBTQ+ combatte con tutti i mezzi nel mondo arabo. Anche il Pride è un’arma importante di lotta: rumore, musica, slogan e visibilità, ogni anno durante il mese di giugno, provoca l’opinione pubblica e mette sotto i riflettori la questione dei diritti sacrosanti, discriminazione, tutela e protezione dei più fragili, pari opportunità e uguaglianza di tutte le persone LGBTQ+. 

Quello che sembrerebbe cambiato, accettato e normalizzato, a vari livelli, non è cosi in diverse zone- Infatti 70 paesi nel mondo continuano fino ad oggi a criminalizzare la condotta sessuale tra persone dello stesso sesso.  

Il mondo arabo, che comprende paesi del Medio Oriente, Nord Africa, e del Golfo, purtroppo ha tutt’ora una delle legislazioni più restrittive contro le persone LGBTQ+, dove 11 paesi mantengono ancora la pena di morte: Arabia Saudita, Somalia e Yemen, dove è applicata. Mentre in Qatar ed Emirati Arabi Uniti resta una “possibilità legale”. 

Solo tre paesi arabi non criminalizzano le relazioni omosessuali (Bahrain, Giordania, e Palestina), anche se il matrimonio o l’unione civile tra persone dello stesso sesso non è riconosciuto in nessun Paese arabo, e non esistono tutele costituzionali, occupazionali o di altro tipo per le persone LGBTQ+. 

Molti paesi arabi hanno ereditato leggi che criminalizzano l’omosessualità dal passato coloniale, da quando Gran Bretagna e Francia controllavano i territori della regione. Ad aggravare la situazione c’è il retaggio religioso cristiano giudaico, e i quadri giuridici delle leggi, ispirati e basati sulla Sharia (Legge Islamica), fonte del diritto e della costituzione nella maggior parte di questi paesi. Secondo la Sharia, l’omosessualità è considerata un peccato e la punizione può essere severa e arriva fino alla pena di morte. 

Due stati, la Giordania e il Bahrain, hanno abrogato le leggi dell’era coloniale che criminalizzavano l’omosessualità dopo la loro indipendenza, rispettivamente nel 1951 e nel 1976. Invece, Kuwait in base alla legislazione del 1960, gli Emirati Arabi Uniti (legislazione del 1987) e l’Oman (del 2018) sono alcuni dei pochi paesi che criminalizzano specificamente la non conformità di genere. 

Nel 2013, il Ministero della Sanità kuwaitiano ha proposto l’introduzione di test medici obbligatori per impedire ai lavoratori migranti ritenuti omosessuali o transgender di entrare nei paesi del Golfo. 

Purtroppo le associazioni e le Ong sono vietate e non possono svolgere attività o perseguire obiettivi che “violano la costituzione o altre leggi o l’ordine pubblico”. Ma oltre alla criminalizzazione e la discriminazione legale, esiste anche la discriminazione sociale nei confronti delle persone omosessuali, attraverso leggi non specifiche e vaghe, compresi i reati di offesa alla “moralità” e “indecenza”, che spesso sono utilizzate per discriminare, detenere e prendere di mira le comunità LGBTQ+. 

I paesi arabi, superata l’era della censura tradizionale, diventata impraticabile, conducono continuamente crociate contro siti web e applicazione, vietano la distribuzione di film cinematografici e tentano di bloccare le piattaforme che trasmettono film o serie a tematiche LGBTQ+. I Governi tentano di filtrare e controllare il web per bloccare il materiale audiovisivo, anche diversi film e concerti sono stati vietati o interrotti. Nel 2020, ad esempio, “Onward” della Pixar è stato bandito perché includeva un personaggio apertamente gay.  

Il metodo più comune usato, è la negazione dell’esistenza di queste persone: l’invisibilità rende più facile il controllo, trasformando la loro vita in un inferno, dove non possono vivere alla luce del sole, ne condurre una vita pubblica e trasparente, emarginati e spesso rifiutati dalle proprie famiglie, costretti a vivere in segreto la propria vita, sessualità e affettività: l’unica strada è quella di abbandonare il proprio paese ed immigrare altrove.  

Mancano modelli di riferimento, personaggi pubblici influenti, presenze visive, informazioni corretta, dibattiti aperti e rappresentazioni coerenti, e la questione resta tutt’ora controversa e qualsiasi discussione pubblica sull’omosessualità può provocare una pioggia di critiche dagli estremisti, dagli ambienti religiosi cristiani e mussulmani, che spesso provoca una violenta reazione pubblica. Di certo non aiuta la negazione dei diritti e la discriminazione in alcuni paesi occidentali, e soprattutto l’ipocrisia e il totale silenzio dei paesi europei, principali alleati di questi paesi, e partner commerciali ed economici. 

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