
Di Naman Tarcha
A Roma, lo scorso 28 aprile, al Museo dell’Arte Classica all’Università La Sapienza, è stata inaugurata la mostra fotografica “Ebla. Distruzione e rinascita dell’antica città in Siria”. La Sapienza scava ad Ebla da sempre, è uno scavo storico: la missione archeologica italiana in Siria, fondata da Paolo Matthiae, già professore ordinario e ora emerito dell’ateneo romano, ha operato nel sito dal 1964 al 2010, nella zona di Tell Mardikh vicino alla città di Saraqib nel governatorato di Idlib, a circa 55 chilometri a sud ovest di Aleppo in Siria.

La mostra fotografica, che resterà in esposizione per un mese, è un’occasione di riflessione sia per gli addetti ai lavori che per il grande pubblico, sulla condizione del sito di Ebla dopo l’interruzione degli scavi a partire dal 2011 a causa dei tristemente noti avvenimenti politici accaduti nel Paese. L’esposizione è, dunque, un focus sulle possibili azioni di recupero, salvaguardia e valorizzazione di uno dei siti chiave non solo per la ricostruzione dei fenomeni storici della Siria antica, ma più in generale dell’intera area del Vicino Oriente antico.

Attraverso le immagini si può fare un viaggio visivo in Siria. Gli scatti, realizzati in collaborazione tra la Missione Archeologica Italiana e la Direzione delle Antichità e dei Musei in Siria, documentano i danni e le distruzioni del sito archeologico di Ebla negli ultimi anni di guerra, dalla distruzione sistematica ai saccheggi e demolizioni, soprattutto dopo che i gruppi armati hanno preso il controllo del sito e lo hanno trasformato in una zona militare.

Da allora le operazioni di studi e scavo sono state interrotte. Dal 2021 dopo la liberazione del sito, i membri della missione sono finalmente potuti tornare sul campo, per dare inizio a una nuova fase di studio e di ricostruzione.

L’antica città di Ebla, capitale di un importante regno nel terzo millennio a.C., ha avuto un’occupazione pressoché ininterrotta fino alla metà del secondo millennio a.C. Nel 1975, la scoperta del grande archivio con oltre 17000 numeri di inventario di testi cuneiformi ha – non solo – dato grande visibilità internazionale alla ricerca della Sapienza in Siria, ma ha anche permesso di riscrivere o di colmare pezzi di storia antica delle regioni del Vicino Oriente potendo ricostruire i rapporti che il regno di Ebla, nel terzo millennio a.C., intratteneva con i più importanti centri urbani della Mesopotamia e con i faraoni della sesta dinastia.

La mostra e la giornata di studi, è stata ideata, coordinata ed organizzata da Davide Nadali, vicedirettore della Missione Archeologica Italiana in Siria (MAIS), che ha tenuto la presentazione: Ebla ieri, oggi e domani una presentazione documentata da mappe e fotografie aeree del sito di Ebla, partendo dal periodo della scoperta della città e dagli anni di ricerca, studio e scavo, e il futuro di Ebla, in particolare lo studio della possibilità di recuperare, salvare e rivalutare uno dei siti archeologici più importanti al mondo, non solo per la storia della Siria, ma per l’intera storia del Vicino Oriente.

Nadali ha espresso i suoi ringraziamenti e la sua gratitudine per tutto il supporto, l’assistenza fornita dal Ministero della Cultura siriano e dalla Direzione generale delle Antichità e dei Musei in Siria per il ritorno della missione archeologica italiana a lavorare sul sito in stretta collaborazione sul piano culturale, scientifico e umano tra le due parti, quella italiana e siriana.

La giornata ha visto inoltre la partecipazione, di Nazir Awad, direttore generale DGAM delle Antichità e dei Musei di Siria, che ha sottolineato, in un messaggio video, l’importanza del sito archeologico di Ebla e la gravità delle distruzioni e vandalismi a cui è stata esposta negli ultimi anni. Awad ha tenuto a sottolineare la storica cooperazione e amicizia che lega l’Italia alla Siria e il supporto concreto fornito dalla Missione Archeologica italiana alla Direzione delle Antichità e dei Musei siriana, soprattutto nell’ultimo periodo molto complesso.

All’inaugurazione della mostra ha partecipato Houmam Saad, direttore del Servizio Scavi, che ha presentato al pubblico documenti e immagini inedite sulla recente scoperta di un raro dipinto a mosaico risalente al IV secolo d.C. nella città di Rastan.

In conclusione, Paolo Matthiae, archeologo italiano, e capo della Missione Archeologica Italiana che nel 1964 ha scoperto l’antica città di Ebla, ne ha spiegato dettagliatamente la sua importanza, i suoi tre periodi storici, il suo ruolo strategico ed economico come modello per la città come concetto della civiltà e urbanizzazione, fino al trasformarsi in un regno che occupava una posizione importante nel Vicino Oriente accanto alla Mesopotamia, alla civiltà sumera e all’antica civiltà faraonica.

Frances Pinnock, Professore di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico all’Università di Roma La Sapienza, e Co-direttrice della Missione Archeologica Italiana in Siria, ha espresso la sua gratitudine al Ministero degli Affari Esteri italiano per il grande sostegno per il ritorno della missione nel Paese.

La missione italiana, con il sostegno della Sapienza e del Ministero degli Affari Esteri e delle Cooperazione internazionale, è fortemente impegnata nella sensibilizzazione di colleghi, studenti e del grande pubblico sulla dimensione del valore e del significato di fare e promuovere archeologia pubblica e programmi di terza missione, anche in situazione di crisi estreme quali quelle che la Siria sta vivendo anche con i più recenti tragici avvenimenti. Un punto di partenza per una nuova fase dell’archeologia in Siria che ricominci soprattutto dal recupero e dalla forte attenzione al problema del traffico delle antichità in quella – che oggi – viene definita come “Rescue Archaeology”.



